Le bugie di Carnevale, o meglio conosciute in altre regioni italiane come chiacchiere di Carnevale, sono dolci sottili dal bordo quasi sempre frastagliato, a forma volutamente irregolare, a volte addirittura annodato o arrotolato a rosone. Gli ingredienti sono ovunque gli stessi, cioè farina, zucchero burro, uova e latte, cambiano però le aromatizzazioni, fatte con vaniglia, grappa, vino, cannella, anice o scorza di limone. Quasi ovunque si usa una piccola quantità di lievito per renderle più leggere. La cottura in olio dell’impasto porta ad un prodotto gradevole, leggero e croccante, ma classicamente la frittura andrebbe fatta con strutto.
Le origini delle bugie, o qualunque sia il nome regionale che prendano, risalgono già ai tempi degli antichi romani e alle loro “frictilia”, dolci di farina fritti nel grasso di maiale e conditi con il miele, vendute per la strada da donne anziane, con il capo cinto di edera, in occasione delle “Liberalia” celebrate il 17 Marzo e dedicate agli dei della fecondità. Il periodo era dunque lo stesso dell’attuale Carnevale.
In Piemonte troviamo la presenza della pasta delle bugie già nei manuali di metà dell’800, e, se dobbiamo attendere l’era moderna per vedere le bugie o le chiacchiere comparire sui ricettari, forse è perché il prodotto, così semplice, non pareva degno di comparire sui grandi ricettari dell’epoca. Compaiono infatti le più elaborate risole, o rissoles, alla francese, e la ricetta è identica a quella tuttora usata per la preparazione delle bugie ripiene.
Le bugie vengono preparate nel periodo di Carnevale poiché un tempo tra gennaio e febbraio veniva ucciso il maiale per cui nelle famiglie vi era una notevole disponibilità di strutto. Entrambe le tipologie (a nastro e ripiene) sono migliori se consumate ancora tiepide o comunque entro poche ore dalla loro preparazione.
REG – Prodotti Agroalimentari Tradizionali – Regione Piemonte